03 Mar 2023

GESTIONE D’AZIENDA: LE TRAPPOLE DA EVITARE NELLA SCELTA DI UN CONSULENTE DI DIREZIONE ESTERNO

Il consulente di direzione esterno è un valore aggiunto per l’azienda, questo è un dato di fatto.

Le imprese crescono, a volte molto repentinamente e spesso in questi casi l’organizzazione si adegua per approssimazioni successive, i processi e le procedure operative si evolvono, ma fanno parte del bagaglio di conoscenze dei dipendenti e dei titolari; non sono scritte, non sono ragionate e non esistono indicatori si misura, se non quelli reddituali.

Le cose vengono svolte in azienda, ma non si sa se possono essere fatte meglio e con maggiore velocità; cresce l’azienda, cresce il risultato operativo, ma crescono anche le criticità e le inefficienze; in una realtà piccola vengono gestite e superate dal titolare o dal cosiddetto “factotum”, cioè il dipendente con più anni di anzianità, che segue nell’ azienda più attività e conosce i meandri procedurali e organizzativi; generalmente risolve tutte le problematiche.

Quando l’azienda cresce di dimensioni e ingressa nuovi dipendenti, la mancanza di un disegno organizzativo strutturato e la mancanza di procedure operative e processi ben scritti, fa subito sentire all’ imprenditore l’esigenza di affidarsi a maestranze esterne per comprendere la direzione più giusta da seguire per la propria azienda.

In questo contesto il consulente direzionale, come professionista esterno, gioca un ruolo fondamentale di indirizzo nel consolidamento dei risultati operativi.

Ma come scegliere il consulente per la propria azienda?

Da tanti anni aiutiamo le aziende a crescere e a consolidarsi, ed abbiamo incontrato molti imprenditori che sono rimasti “scottati” dal rapporto con un consulente esterno, e restano poi molto scevri nel concedere l’incarico ad un altro professionista.

Nella scelta di un consulente è importante seguire 4 punti fondamentali:

-Guardare alla “scolarizzazione” del consulente. Il percorso scolastico è importante, il diploma di laurea insegna soprattutto un metodo cioè esattamente quello che manca in una azienda che è cresciuta dall’idea di un imprenditore che si è “fatto da solo”. Molto importanti sono anche i master conseguiti dal consulente dopo l’università che vanno ad affiancarsi al metodo; specializzazioni che possono andare dal controllo di gestione all’organizzazione aziendale, alla finanza aziendale, al project e process management. Occhio quindi al titolo professato dal professionista, e conservate il suo biglietto da visita, poiché, in caso di contenzioso, chi si vanta di essere dottore ma non ha la laurea, può pagare cara l’usurpazione di titolo…

-Le referenze del consulente. Anche questo aspetto è molto importante. Per chi ha lavorato il nostro consulente e che risultati ha prodotto? Indagare sui clienti già serviti dal consulente può darci conferme sulla sua solidità e sulla sua conoscenza del settore; occorre tenere presente che su questo aspetto può essere “vincente” essere “fuori” dal coro, essendo già l’imprenditore un profondo conoscitore delle dinamiche di settore e spesso le sinergie che si sviluppano insieme a chi il settore non lo conosce affatto ma “ha metodo”, possono essere dirompenti.

-Il percorso di affiancamento e di supporto che il consulente intende seguire in azienda. Questo punto è di fondamentale importanza. L’intervento deve essere contingentato nel tempo; un consulente che supera i 6 mesi in una azienda inizia a mettere le radici, si lega alle criticità, ne genera delle altre, si aggiusta la sua “comfort zone” sfruttando le opportunità relazionali che si vengono a creare per lui. Non funziona così! E soprattutto un consulente direzionale deve avere una sua specializzazione e non può essere un “tuttologo”.

-La storia del consulente. Che lavoro faceva prima di diventare consulente? È un imprenditore anche lui? È un professionista? Rischia “in primis” anche lui con la sua attività? Oppure è un dipendente? O è un manager della consulting che vi segue? Anche qui tra CEO, Founder, Managing Partner è chi più ne ha più ne metta, lo scenario delle figure professate è imbarazzante. Ci sono consulenti o sedicenti tali, che saltano da una consulting all’altra o che escono per mettersi in proprio con l’unico scopo di “fare cassa” sfruttando le inefficienze delle aziende soprattutto se di mezzo ci sono passaggi generazionali o lotte intestine tra titolari legati da parentele più o meno strette.

 

Speriamo da aver fatto cosa buona, nell’elencare gli aspetti da attenzionare e le trappole da evitare nella scelta di un consulente di direzione esterno (o di una consulting direzionale), che ripetiamo essere un momento comunque importante, e un passaggio che ogni azienda dovrebbe fare per confrontarsi con l’esterno.

 

… E buona Customer Experience a tutti …

 

Ceo e Founder

Mikaline Research – Milano

www.mikaline.it